Di Umberto Sarcinelli UDINE
All’Udinese non basta il primo gol di Lucca e l’arrembaggio finale per vincere una partita che temeva di aver già perso, ma al Genoa non basta la doppietta di Gudmusson e tanta aggressività per una vittoria che pareva già acquisita. Finisce 2 a 2, un pareggio che lascia un po’d’amaro in bocca a Sottil e Gilardino. Finisce con l’autogol di Matturro, subentrato a tre minuti dal fischio finale e sciagurato protagonista al primo munito di recupero con la deviazione nella propria rete su pressione di Samardzic. Finisce con l’espulsione di Lovric per un’entrata da dietro, a “forbice”, al terzo minuto del recupero. Finisce con la gioia ei giocatori bianconeri che nei tempi regolamentari hanno assistito con sbalordimento per una sconfitta che stava maturando in campo, ma che i bianconeri hanno recuperato con grande carattere e voglia. Il Genoa, reduce dalla sonante vittoria a San Siro con l’Inter si è presentata al “Bluenergy stadium” con entusiasmo e energia. L’Udinese aveva tanta rabbia in corpo per la pesante sconfitta di Napoli e tanta voglia di riscatto. Queste due situazioni psicologiche hanno determinato il pareggio che premia decisamente più i liguri dei friulani, costretti a rincorrere per tutta la gara il primo gol di Gudmusson al 14’ del primo tempo. L’ansiosa rimonta è ritornata, come una maledizione, tre minuti dopo il gol del pareggio di Lucca, il suo primo sigillo del campionato e la prima rete segnato dalla squadra in casa e quando sempre Gudmusson ha segnato il gol del vantaggio. Da una prima analisi della partita emerge la difficoltà dell’Udinese a concretizzare le molte occasioni create (con 12 tiri a 8, possesso palla al 60% e 13 dribbling riusciti contro 5) e la conferma dei troppi errori di difesa e centrocampo. L’esempio più lampante è il passaggio che Silvestri indirizza a Wallace al 14’: il centrocampista bianconero non riesce a controllarlo e Frendrup non ha nessun problema a anticiparlo e passare il pallone a Gudmusson che ha tutto il tempo per coordinarsi e mirare. Negli errori si distingue Wallace, il fantasma del giocatore ammirato nello scorso campionato. Il brasiliano sembra spaesato, vaga per il campo, è lento e impreciso nei passaggi. Nella ripresa Sottil lo sostituirà con Payero, affiancando Samardzic per uno spento Pereyra. Ci vuole un’altra sostituzione, Thauvin al posto di Succes,s per ravvivare la manovra dell’Udinese, darle un po’ di velocità e permettere agli esterni di conquistare fondo campo per crossare in area. Con “il senno del poi” questa è una mossa che avrebbe avuto più successo se fosse stato fatta a inizio gara, ma comunque ha prodotto dei risultati positivi. In attesa che si guariscano gli infortunati la barca dell’Udinese galleggia, ha una falla che la frena, ma tutto sommato continua la sua lenta navigazione verso il proto della salvezza. Questo, però, non è l’obiettivo finale della società: questa squadra, al completo con i suoi molti infortunati, con il crescere dei tanti giovani, può ambire a raggiungere il decimo posto finale. Le condizioni perché si verifichi questo risultato dipendono anche dalla passione dei tifosi e dalla pazienza della famiglia Pozzo. Il patriarca Gianpaolo predica calma e fiducia in Sottil, il figlio Gino aspetta che a Empoli, venerdì, arrivi finalmente la prima vittoria e lo sblocco di una crisi più mentale che tecnica.